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CHI SONO



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Biografia

Da dove arrivano i miei punti di forza:

  • il lavoro a stretto contatto con il pubblico, come barista, cameriera, addetta all’abbigliamento ecc., mi ha insegnato a tener conto delle diverse prospettive, dei diversi gusti, dei diversi approcci;
  • aver cambiato molti lavori mi ha insegnato a tener conto delle difficoltà che si possono incontrare e che sono da mettere in conto ogni qualvolta ci si approcci ad organizzare un evento;
  • l’impegno in istruzione parentale mi ha insegnato ad avere più metodi per spiegare gli argomenti, a dover organizzare concetti e idee attraverso mappe mentali, a saper passare dal riassunto all’esposizione ampia e viceversa;
  • l’autodidattismo mi ha insegnato a trovare soluzioni fino a quando arriva il momento di affidarsi all’esperto della questione;
  • il lavoro come trampoliera mi ha insegnato a guardare oltre le apparenze, oltre il costume;
  • la formazione personale mi sta insegnando a stare nelle mie competenze e a stare nel tono delle immagini altrui dando a queste vita artisticamente.

Nata nel 1982, sono cresciuta e vivo tuttora a Vetralla, cittadina situata a pochi chilometri da Viterbo, nel Lazio.

I miei studi mi hanno portato a frequentare il liceo classico, scelta da me sostenuta nonostante mia madre e i miei insegnanti propendessero per gli studi scientifici. In effetti spesso la mia interrogazione di matematica era la lezione nuova per i miei compagni di classe. Il motivo per cui ho comunque scelto l’indirizzo umanistico è stata la spinta a volere una conoscenza a largo spettro, non avevo ancora chiaro cosa volessi “fare da grande”, quindi nel mio pensiero c’era il sentore di lasciarmi aperte più strade possibili.

Finito il liceo, la mia intenzione era di segnarmi alla facoltà di matematica, invece diedi ascolto a mia madre, che mi consigliò ingegneria informatica. Mia madre aveva visto lungo, visto che mi ritrovo a gestire siti e a studiare di nuovo i linguaggi di programmazione. Tuttavia ero assorta nell’idea del lavoro (l’intenzione era di aiutare l’economia di casa), avevo altresì la fissazione di voler creare una famiglia: non ho affatto ponderato le mie scelte.
Non finii gli studi, era il 2003, già lavoravo da 3 anni in ambiente di ristorazione. Il mio primo lavoro, al bar della Villa di Vetralla, è stato significativo, perché con le sorelle che lo gestivano non abbiamo avuto modo di avere motivi di contrasto spesso tipici tra padrone e dipendente: era tutto funzionale a sostenere a vicenda la buona riuscita del servizio. Non è affatto scontato che ciò avvenga, che non si prenda parte al gioco di potere tra le parti. Una riflessione sul periodo va al fatto che per la mia tanatofobia, per il rifiuto di quella che ritenevo un’ulteriore immanente perdita, non riuscii ad andare a trovare Paola, la sorella maggiore, durante la malattia che la portò alla morte. Alla luce degli studi vissuti fatti in questi ultimi anni, mi viene da individuare ciò che quasi costantemente produciamo: il blocco dell’azione, della fusionalità con l’altro e con noi stessi per gli spettri di paure future.
Avevo il costante sentire, ansiogeno, che la vita potesse per me finire tanto presto da non veder realizzato l’intento di formare una famiglia, cosicché l’anno seguente ebbi la prima gravidanza. Riflettendoci ora, vedo la me di quegli anni come una ragazzina ventitreenne senza arte né parte, con picchi di onnipotenza/impotenza di chi ancora non ha provveduto a formarsi, a guardarsi, a pensare alle conseguenze delle proprie azioni. Voglia di affermare me stessa alle stelle. Quanta ingenuità ho messo nella felicità della prima ecografia: la rivivo come se fosse allora, perché effettivamente rifarei tutto ciò che ho fatto.

Con il primo figlio, nato nel 2005, ho avuto le prime avvisaglie di quanto la narrazione societaria ufficiale avesse dei limiti, attraverso la metodologia di cura usata per fermare gli attacchi di broncospasma. Dopo un anno e mezzo di medicine, la cura migliore fu quella di portarlo sotto la pioggia… Iniziò un periodo di forgiatura che ci vide impegnati ad andare a scuola in ogni condizione metereologica, sperimentando quanto gli stereotipi comuni dell’ammalarsi se ci si bagna, se si corra, se si sudi, siano infondati, se si prendono le dovute accortezze. La spinta verso il vivere l’ambiente naturale in ogni condizione metereologica, che ora mi porta a compartecipare i principi E.Co.A., si stava facendo strada.

Dopo il primo anno di vita del bambino, ho lavorato in ambiti diversi, ma sempre a contatto con le persone: ristorante, pizzeria, negozio d’abbigliamento, supermercato, panetteria, enoteca con banco macelleria.  

Nel 2010 arrivò la seconda figlia, Valentina. Una gravidanza in costante preoccupazione, per più motivi. Il primo fu il ricordo che già avevo prodotto, nell’ultimo mese di gestazione di Stefano, il fenomeno della centralizzazione del circolo, cioè il cordone ombelicale non passava più fluidamente l’ossigeno al feto; il secondo fu la paura che la bambina potesse nascere con una malformazione, in quanto mi ritrovai la scarlattina nel sangue. Istinto mio di mamma mi fece fare fronte alle paure di alcuni componenti delle famiglie d’origine, mia e di mio marito, che propendevano per un aborto.
Il parto di Valentina confermò una delle caratteristiche che avevo costituito negli anni e che fu presente anche nella prima gravidanza: dare la vita e al tempo stesso la morte. Non fu un parto facile, sia per il dolore cui non ero pronta, che non avevo vissuto nell’esperienza del parto di cinque anni prima, sia per le conseguenze che portò nell’immediato, ossia un’emorragia dalla quale mi sono salvata in extremis, causa residui di placenta nell’utero. Fui portata d’urgenza ad eseguire un raschiamento e l’anestesista disse che avevo un solo globulo rosso che girava per tutto il corpo e mi teneva in vita. La riflessione dopo anni che mi viene da fare è che abbiamo molta più energia di quella che crediamo di possedere: fui completamente cosciente fino a che entrò in circolo l’anestetico e, nonostante fossi al limite della disponibilità di sangue, mi misi sul lettino della sala operatoria da sola.

La riabilitazione non è stata facile, la situazione mi ha fatto vivere gli opposti psico-fisici al pre-parto:

  • riduzione delle capacità fisiche, stato complementare alla forma di resistenza acquisita nei quattordici anni in cui mi sono allenata costantemente giocando a pallavolo;
  • riduzione delle capacità psichiche, perdendo la capacità di giocare con il primo figlio, che spesso era sgridato per mie incapacità gestionali;
  • riduzione delle capacità organizzative, non riuscendo più a svegliarmi alle 4:00 del mattino, preparare pranzo, avviare la cena, fare il pane, il ciambellone e sistemare casa prima in sole 4 ore, a gestire i conti familiari,
  • amplificazione dell’onnipotenza, evitando di chiedere aiuto in casa, con i figli, se non a mio marito e rifiutando il fatto della debolezza fisica,
  • amplificazione del potere nella relazione, dando per scontato che mio marito dovesse aiutarmi,
  • amplificazione del giudizio, imponendomi di essere forte a prescindere, in quanto mamma e moglie piena di doveri e responsabilità;
  • amplificazione della dipendenza da opposizione, cercando di non chiedere aiuto ai familiare, senza poter nel frattempo fare a meno di loro,
  • amplificazione della tanatofobia, nel rifiutare le mie condizioni al di sotto della norma.

Dal 2011 per cinque anni ho ricoperto il ruolo di incaricata alle vendite nell’azienda di vendita diretta Stanhome. Mi rendo ora conto che ero nel pieno dei miei ostacolatori. Davo l’immagine di una persona disponibile, cordiale, studiosa, attiva, presente, ma stavo trascurando completamente la famiglia, non cosciente affatto di quest’ultimo elemento. Presa nella fissazione che fosse giusto provvedere all’economia di casa e al tempo stesso non trascurare figli e marito, ho agito esattamente l’opposto di ciò che intellettualmente professavo.

Nel 2015 la morte di mia sorella Loredana ha comportato un’esplosione della mia ribellione alle istituzioni: il menefreghismo dei sanitari nel trattare superficialmente il suo caso in pronto soccorso, ha suscitato in me la riflessione che spesso non c’è una pedagogia adeguata a formare persone adulte che non mettano ostacolatori alla propria azione: si versano sugli altri le proprie ansie, paure, insoddisfazioni, aspettative, i propri modi di agire, pensare, impotenze, onnipotenze, giudizi.

Dal 2016 mi sono dedicata quindi alla didattica, con figli in istruzione parentale e gestione degli studi di altri ragazzi/bambini. L’esperienza che mi ha messo in contatto con forme di istruzione differenti da quelle perseguite nel mio paese è stata l’apertura della Cooperativa Gruppo Lola, la cui presidente è stata mia sorella Ramona. Interessante è stato la formazione con l’ass.ne Le Nuvole di Adele Caprio. Mi sono aperta a un mondo che avevo in qualche modo evitato negli anni precedenti: a scuola ci fermiamo alla psicoanalisi di Freud, mentre si è andati avanti con la psicoanalisi di Assagioli, dei pedagogisti d’avanguardia non si tratta. Soprattutto ero stata abituata alla percezione del solo sensibile, sentir parlare di energie più estese in casa mia era motivo per mandarti da uno psichiatra. Fatto sta che, nonostante ci professiamo più “evoluti”, immettiamo spesso le nostre dinamiche di potere nella relazione, spesso affidandoci a gerarchie date dal sapere personale, dagli anni di studio o altri riconoscimenti, che comunque produciamo conflitto, ripetendo gli stessi passi da cui vorremmo affrancarci. Non ho finito quindi i due anni di corso, ma ho proseguito con l’altra associazione che nel frattempo stavo frequentando: dal 2017 seguo quindi l’associazione Sophy che si occupa di studi e ricerche sulla coscienza, presso cui continuo una formazione molto più d’avanguardia e di cui gestisco tre siti in costruzione. Da allora ogni esperienza vissuta diventa motivo di consapevolezza, riesco ora a vedere molti ostacolatori che ancora ho in circolo e vedo come li sto attenuando.

Nel 2019 apro una ditta individuale di organizzazione eventi, stravolgendo anche le abitudini familiari: in poco tempo, da giugno a dicembre, mi ritrovo a fare la trampoliera, identificandomi nel settore dell’arte di strada con l’intenzione di avviare un’agenzia nel viterbese tramite l’ausilio di un ragazzo di Napoli. Non avevo messo in conto la poca formazione nel settore, quindi sono andata con una rappresentazione di me stessa che sapesse organizzare eventi, concerti, matrimoni, come non avevo messo in conto che la coppia che si era formata reggeva su un entusiasmo momentaneo di entrambi. Di fatti l’esperienza è durata un anno, chiusasi con un forte conflitto tra me e l’altro compagno, ma la formazione ricevuta da essa è stata forgiante, in quanto, grazie agli strumenti della Via di Conoscenza Sigmasofia, non mi sono fermata alla ragione o al torto, ma ho guardato, per la consapevolezza che posso possedere, alle cause scatenanti sia l’identificazione nella rappresentazione, nella generazione di significato in attività nuove e la sua seguente perdita, sia gli atteggiamenti di onnipotenza, potenza, potere nella relazione, per dirne alcune.

Nel frattempo continuo l’istruzione parentale con i miei figli, occupandomi anche di altri ragazzi. All’analisi di questi anni dedico un articolo a parte, perché di dinamiche formative ce ne sono tantissime, cito solo la principale: ripetiamo gli stessi atti da cui vogliamo affrancarci, di fatto nascondendoceli e amplificandoli, con il risultato di portare più conflitto nella relazione con noi stessi e con gli altri.

In questi anni di formazione in Sigmasofia ho reintegrato alcune funzionalità assopite dagli schemi acquisiti che sono stata abituata a seguire. Tra di esse c’è un grande recupero parziale della vista, un grado e mezzo di miopia e un grado di astigmatismo, novità per me, in quanto comunemente si ha la convinzione che astigmatismo e miopia non possano essere recuperati, se non con interventi chirurgici. Sto altresì riducendo gli stressor, con maggiore fluidità di azione nel quotidiano.

Dopo diciotto anni, neu quali mi sono adattata a molti lavori, con l’intenzione di essere il più presente possibile con i miei figli, ottenendo spesso l’effetto contrario, la direzione che sto dando al lavoro è quella prospettata nella pagina “SERVIZI“. 


Impegno didattico

Dopo tutti gli anni di istruzione parentale, ho imparato che per applicare una nuova pedagogia, è innanzitutto il genitore che deve conoscere le innovazioni e le avanguardie che sono presenti sul territorio, applicarle su se stesso e passarle ai figli in maniera viscerale, senza neanche troppo linguaggio.
L’impegno assunto è quindi quello di cooperare presso l’associazione Sophy, che trova il suo testamento autopoietico nel sito www.sigmasophy.com e le cui attività sono visitabili nel sito www.sophy-international-project.com.


Impegno ecologico

Come Operatrice di Sigmasofia Ecologica, sono aiutante del Ma.S.e -L. Francesco Di Mario, nel settore E.Co.A. dell’associazione Sophy:

“E.Co.A.
è il lungo viaggio che l’essere umano
vive dal concepimento al punto morte.

Lo scopo è quello di

prendere consapevolezza, viaggiando interiormente-esternamente,
dei significati-significanti dell’esistenza.”

Nello Mangiameli

Le attività E.Co.A. sono visitabili al sito www.scuola-ecoa.it.
La mia biografia ecologica è consultabile presso lo stesso sito all’indirizzo: https://www.scuola-ecoa.it/i-ma-s-e/operatrice-s-e-eleonora-de-grandis/